Cronache Lombarde – 30° Giorno (ex-isolamento)

8 04 2020

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There are more things in heaven and earth, Horatio, Than are dreamt of in your philosophy. – Hamlet (1.5.167-8), (William Shakespeare)

English version

Le Cronache Lombarde di oggi “celebreranno” (ci sarebbe poco da celebrare, ad onor del vero, ma siffatto è l’umano spirito, indomitamente ottimista) il consolidamento del trend di riduzione dei nuovi casi.

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Dopo qualche giorno di timori di nuovi focolai, la tendenza ha ripreso la sua rassicurante andatura verso il basso, lasciandoci intravedere la prima luce in fondo al tunnel nella seconda metà del mese.

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Ugualmente rassicurante è il progredire del saldo negativo (-162 casi) che finalmente piega verso il basso la curva del totale degli ospedalizzati attuali. Meno carico sulle strutture sanitarie, vuol dire migliore assistenza e quindi maggiore probabilità di essere ben assistiti e quindi più alte chances di sopravvivenza.

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Mentre il dibattito sulla politica di test si allarga (finalmente), in Lombardia dobbiamo registrare continui stop & go e, per il secondo giorno consecutivo, il numero di test è di nuovo salito oltre “quota ottomila” mentre è scesa la percentuale di positivi anche se, inl numero assoluto è quasi inevitabilmente salito  rispetto al giorno prima (+1089).

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Buone notizie anche sul fronte delle terapie intensive, dove il totale continua a ridursi anche se con inevitabile variabilità.

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Dal picco di 1.381 ricoverati in ICU del 31/3 si è scesi ai 1.257 attuali, certamente un numero ancora critico, ma che almeno permette di razionalizzare l’esistente e non obbligare alla ricerca di ulteriore capacità.

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Il totale delle dimissioni ospedaliere quindi riprende la sua crescita (+642) ed il numero dei decessi (+238), con lentezza e qualche variazione, mantiene il trend di riduzione pur restando su un livello ancora elevato. Solo quando la pressione dei quasi 13.000 ospedalizzati comincerà a ridursi sensibilmente, cominceremo a leggere un deciso cambiamento. Nel frattempo, salutiamo il deciso inizio della fase discendente.

Il quadro internazionale, come ormai da alcuni giorni, conferma il suo trend che vede da un lato la Cina, dove tutto è cominciato, entrare con decisione nella “fase 2” della convivenza  con il virus, avendolo messo sotto controllo (ieri Wuhan è stata riaperta) e gli USA che invece devono identificare ancora la propria strategia, oscillando fra ipotesi di “lockdown” e non.

15Nel frattempo, il panel dei paesi europei che analizziamo si è decisamente allineato alla dinamica italiana.

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Sia per dinamica dei casi che per dinamica dei decessi, ad eccezione del caso tedesco.

Ed è infatti di Germania che oggi voglio parlarvi. Molto si è scritto “sull’anomalia” tedesca.

Lasciando perdere tutte le teorie cospirazioniste e le “fake news” di cui è pieno il web,  cerchiamo, come al solito di ragionare sui fatti e, soprattutto, sulle possibili lezioni che possiamo trarre dalle “best practise” di chi sta riuscendo, meglio di altri, a contenere il virus.

Queste “lezioni” sono di indubbia utilità, perché dovremmo tutti tenere bene a mente che quella cui stiamo assistendo non è la “sconfitta” del virus, ma solo una tregua “armata” in cui dovremo affinare tutte le possibili strategie di difesa “dinamica” che ci permettano di guadagnare tempo fino al momento in cui avremo sviluppato l’arma finale: il vaccino (con buona pace dei No-Vax!).

Cominciamo con analizzare alcune interessanti differenze. 

Il Robert Koch Institut (RKI -che è un po’ il nostro Istituto Superiore della Sanità – ISS ) fornisce quotidianamente le proprie analisi sull’epidemia ci spiega che l’età mediana dei contagiati è di 49 anni .

rki

Inoltre specifica che l’85% dei decessi è rappresentato da pazienti di età superiore ai 70 anni che però  rappresentano “solo” il 15% del totale dei casi di contagio.

Ed in Italia? Il nostro ISS invece ci dice che l’età media in Italia è 62 anni:

ISS

Interessante no? Tra l’altro, vi consiglio l’interessantissimo articolo del Deutsche Welle che fa un po’ di debunking sui diversi aspetti del “caso del paziente tedesco”.

Prima di proseguire nell’analisi, teniamo a mente che l’infezione in Germania è iniziata più o meno in contemporanea all’Italia (ricorderete il caso bavarese di gennaio). Dopo il contenimento del primo caso, l’epidemia è ripresa con vigore, più o meno in contemporanea all’Italia (la Germania supera il 150 caso al 2 di marzo mentre l’Italia lo aveva superato una settimana prima), quindi i dati sono abbastanza cronologicamente  confrontabili.

Altri dati che mostrano una chiara differenziazione fra la Germania e l’Italia, provengono dall’analisi dei dati  del Worldometers , del RKI e del ISS :

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Oltre alla già analizzata, notevole differenza nell’età media, saltano agli occhi, altre decise differenze.

  1. In Germania si guarisce prima e di più: La prima differenza è nella percentuale dei guariti (recovered) 33,5% in Germania contro il 18% in Italia (che potrebbe spiegarsi anche la la più giovane età dei contagiati).
  2. La Germania ha un maggior numero di pazienti critici ricoverati in terapia intensiva (4,5%) contro il 2,8% in Italia. (Ricordiamo che la Germania ha circa il 60% in più dei posti letto di ICU rispetto l’Italia). 
  3. In Germania gli anziani muoiono (proporzionalmente) di meno. I deceduti con più di 70 anni sono  “solo” il 15% in Germania contro il 36,1% dell’Italia (si noti che le strutture demografiche dei due paesi sono molto simili).
  4. In Germania si “testa” molto di più. La Germania dal 2 marzo ha eseguito 918.469 test contro i 755.445 dell’Italia.

Quindi, ricapitolando:

a. In Germania i malati di SAR-COV2 sono mediamente 12 anni più giovani degli italiani.

b. Nonostante la più giovane età, finiscono in terapia intensiva nel 4,5% dei casi anzichè nel 2,8% dei casi italiani .

c. Guariscono più rapidamente (un terzo di loro è già a casa contro 1/6 dei nostri).

d. Vengono testati prima e di più  (918.000 test contro i nostri 750.000) 

e. Muoiono di meno, l’1,9% in Germania contro il 12,6% dell’Italia 

Fin qui i fatti, proviamo adesso a dare delle spiegazioni.

In Germania sono stati decisamente più rapidi e disciplinati nel mettere al riparo i “target” più fragili della popolazione (leggi gli anziani). Le strutture sanitarie per la cura degli anziani sono state “blindate” al pubblico da oltre un mese.

A titolo di testimonianza (personale) :

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Questo è l’avviso di una “RSA” (Seniorenhaus) che ben conosco che dichiara che non vengono più ammesse visite esterne e che vengono fornite informazioni solo telefonicamente. Di esempi del genere per la Germania potrei citarne a dozzine.

Vedremo invece a cosa porteranno le indagini sulle strutture sanitarie lombarde (ma anche altrove).

La capacità di agire selettivamente e tempestivamente su questi segmenti potrebbe spiegare molto bene la minore presenza di anziani nelle statistiche, ed essendo questo gruppo, purtroppo, caratterizzato da una vulnerabilità al virus da 10 volte più alta che nel resto della popolazione, spiega molto bene una buona parte della minore mortalità.

Ma non basta.

Abbiamo osservato come, nonostante la più giovane età, la percentuale di pazienti che sono stati sottoposti a terapia intensiva in Germania è quasi doppia.

In una delle prime “Cronache Lombarde” sottolineavo la necessità di adeguare tempestivamente le strutture di terapia intensiva.

Numbers-of-critical-care-beds-corrected-for-size-of-population-per-100-000-inhabitants

fonte: “The variability of critical care bed numbers in Europe”

La ragione non è quindi da ricercarsi in una teorica maggiore gravità dei casi in Germania, ma nella semplice constatazione che la Germania dispone di un numero più che doppio di posti letto di ICU. 

Ma ancora, probabilmente non basta a spiegare completamente la differente letalità del COVID-10 fra Italia e Germania.

L’ultimo elemento di differenziazione è la politica dei test. Decisamente più estesa in Germania che in Italia.

Se rapportassimo il numero dei test al numero dei casi positivi identificati, ci rendiamo conto che la Germania ha eseguito quasi il 50% in più di test in minor tempo.

 Country  Total Cases  Total Test  Test per case
 GERMANY       107.663             918.460                8,5
% on cases
 ITALY       135.586             755.445                5,6
% on cases

Ma esiste una relazione fra test e letalità? 

Utilizzando sempre i dati di Worldometers ho provato a costruire una tavola di analisi fra il numero di test eseguiti per numero di vittime alla data odierna sui 91 paesi del mondo che hanno avuto più di 2.000 contagiati.

b

E sembrerebbe effettivamente mostrare l’esistenza di una correlazione inversa (R²=0,763) tra numero di test e mortalità.

Ma perché una politica di testing estensiva può essere un fattore determinante nella riduzione della mortalità? Lo abbiamo detto nelle Cronache di ieri, ma voglio ribadirlo oggi:

1. Mette in sicurezza la “prima linea” nella lotta contro il virus. In Italia i sanitari sono il 10% dei contagiati (e rappresentano meno dell’1% della popolazione). Un operatore sanitario contagiato è una doppia perdita. Perché è la perdita di una risorsa sul fronte di battaglia e perché diventa, egli stesso, fonte di contagio.

2. Permette di tracciare ed isolare tempestivamente i potenziali nuovi “diffusori” del virus (e bloccare dei nuovi focolai in tempo).

Quindi anche oggi, abbiamo trovato nuove ed ottime ragioni per cominciare a pensare, con ottimismo, alla fase 2. Ci basterà copiare dai soliti “primi della classe”, magari con un pizzico di estro creativo italiano.

Ma oggi, come ieri, la vera buona notizia è sempre che il risultato è già scritto: #vinceremo!

E anche per oggi è tutto.

Nel frattempo, ancora per un po’ #stiamoacasa e #teniamoduro !

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Le fonti di oggi: