Cronache Lombarde – 33° Giorno (ex-isolamento)

12 04 2020

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“Così, anche se abbiamo visto guerre condotte con stupida fretta, l’intelligenza non è mai stata associata a lunghe operazioni militari” (Sun Tzu – L’Arte della Guerra)

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Innanzitutto, devo necessarie scuse ai miei affezionati quattro lettori, per  la pausa di qualche giorno, dovuta soprattutto alla necessità di maggiore approfondimento nell’analisi dei dati che sembra imporre nuove riflessioni.

Infatti, l’attuale strategia difensiva, in Lombardia, sta producendo risultati con una più grande lentezza del previsto (meglio sarebbe dire, delle attese).

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Con il nuovo aumento del numero dei test (che adesso sfiorano i 10.000), i nuovi casi assoluti in Lombardia continuano a risalire (ieri 1.544). Se, da un lato, appare più che evidente la correlazione fra numero di test eseguiti e quantità di positivi identificati, dall’altro,  è anche chiara dimostrazione del fatto che il numero di positivi ancora in circolazione è certamente elevato.

La domanda che ci si pone è “perché così tanti positivi ancora in giro?”

E’ obiettivamente difficile elaborare delle valutazioni di natura statistico-inferenziale sulla base dei dati che ci vengono forniti quotidianamente.

Va infatti sottolineato, che in nessun modo, questi numeri possono considerarsi un campione statistico. E’ del tutto evidente che, nonostante l’accresciuto numero di test, la logica sottostante continui ad essere quella legata a chi si presenta con una quadro clinico già compromesso, ai pronto soccorso lombardi.

Però si può e si deve tentare una risposta (o meglio, un’ipotesi).

Il fatto che i  casi registrati in Italia, siano solo i più “complessi”  potrebbe dimostrarlo il confronto con la Germania (nella tabella, allo scorso 7 aprile), dove la percentuale di guariti nel nostro paese è circa la metà di quella tedesca.

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La Germania mostra una percentuale di casi critici (4,5%)  superiori all’Italia (2,8%) è, a mio parere, più ascrivibile alla più che tripla disponibilità di posti letto di terapia intensiva in quel paese (sull’analisi delle differenza tra Italia e Germania avevamo già parlato nelle Cronache Lombarde dello scorso 8 aprile).

Sappiamo (si vedano i vari studi citati nella sezione “Sources”) che il periodo di incubazione di COVID-19 si estende fino a 14 giorni, con un tempo mediano di 4-5 giorni dall’esposizione all’insorgenza dei sintomi.  Uno studio ha stimato che il 97,5% delle persone con COVID-19 hanno sviluppato i sintomi entro 11,5 giorni dall’infezione.

Sappiamo inoltre che il decorso medio della malattia dal momento dell’insorgenza dei sintomi al  pre-ricovero (durata media: 2 settimane) e ricovero (durata media 2 settimane) è di circa un mese. Il decesso, segue l’emergenza dei sintomi, in media circa 28 giorni dopo (e tra i 5 e 12 giorni dal ricovero in terapia intensiva, che vede il 49% dei casi di decesso, dato, quest’ultimo, non disponibile per la Lombardia ed a livello globale).

Il provvedimento del “tutti a casa” in Lombardia è del 9 marzo, quindi un mese fa.

Quindi dovremmo dedurre che il numero di nuovi casi (e specialmente le nuove ospedalizzazioni, quali “proxy” dei casi più gravi) che vengono registrati in questa ultima settimana, siano tutti stati generati in isolamento.

Dovrebbe essere un dato relativamente semplice da verificarsi, in quanto dovrebbe trattarsi (come in Cina) per lo più di familiari o conviventi dei primi contagiati e specialmente del “picco” registrato attorno al 20 marzo.

Nell’incertezza che deriva dalla variabilità della politica di testing, una ragionevole positività è rappresentata dalla calante percentuale dei positivi che, dal 70%/80% dei picchi di marzo è scesa al 15%.

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Tuttavia, nonostante sia passato un mese e mezzo dall’inizio dell’epidemia di SARS-CoV2 in Italia, ancora oggi non abbiamo nessun idea di quale sia la reale estensione del contagio. 

Abbiamo diversi indizi, che provengono per lo più da modelli matematici, come quelli già più volte qui citati dell’Imperial College, che indicano un’estensione del contagio in Italia (ed a maggior ragione, in Lombardia) nell’ordine del 10% della popolazione.

Il tema della ampiezza del contagio resta centrale, la chiara indicazione della percentuale della popolazione infetta,  è il necessario preambolo per identificare le necessarie misure per iniziare a sviluppare i protocolli di sicurezza per gestire la “Fase 2” con la necessaria prudenza.

In ogni caso, il quadro ospedaliero lombardo mostra ancora forti chiaroscuri.

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La massa dei circa 13.000 ospedalizzati si è stabilizzata, ma a causa del costante flussi di nuovi casi non decresce.

Nell’assoluta ignoranza dell’ampiezza del contagio, quello della capacità ospedalierà è una dato chiave.

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Anche se le terapie intensive stanno leggermente diminuendo (1.174 attualmente ricoverati), restiamo al livello dei numeri che avevamo letto attorno ai giorni della crisi del 20 marzo.

Cosa rappresenta questo dato? 

Significa che il sistema sanitario resta sovraccarico e fintantoché non si libererà almeno il 50% della “capacità produttiva” (specie delle terapie intensive) non sarà possibile riaprire la Lombardia.

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L’attuale ritmo di riduzione del carico sulla ICU è stato di circa 30 casi al giorno. Se questa velocità non si incrementerà, occorreranno almeno 20 giorni per arrivarci.

Ed eccoci quindi al 3 maggio che rappresenta il nuovo Capo di Buona Speranza per questa difficilissima navigazione!

Con lentezza, i decessi si riducono mentre con uguale lentezza cresce il numero dei guariti.

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Infine il quadro internazionale riserva poche sorprese. Con la sola, triste novità, peraltro attesa, del sorpasso americano in termini di decessi rispetto l’Italia.

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La Fase 2, in termini di dinamica dei contagi, sarà terribilmente simile alla Fase 1, ma quello che è certo non potremo gestirla con il medesimo approccio.

E anche per oggi è tutto.

Non mi resta che augurare a tutti un buona Pasqua e  che segni davvero per tutti un “passaggio” verso un mondo migliore!

Nel frattempo, come sempre, ed ancora per un po’ #stiamoacasa e #teniamoduro !

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Le fonti di oggi: