Cronache Lombarde – 36° giorno (ex-isolamento)

15 04 2020

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“Ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est.” (Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare” – Lucio Anneo Seneca)

English version here

Nella mia vita, il mio percorso professionale (e umano) si è sviluppato partendo dal nostro paese, e progressivamente spostandosi ben al di là delle Alpi.

Da questo “Grand Tour” professionale,  durato oltre trent’anni ho molto imparato.

Uno dei primi insegnamenti che ho appreso, è stata “l’arte della pianificazione” e provenendo da un paese che non pianifica quasi nulla, è anche stata una delle lezioni più difficili da imparare.

Quando lavoravo con i francesi, l’orizzonte temporale dei piani strategici era di 6 anni, mentre con i tedeschi dovetti apprendere a spingermi oltre i dieci anni.

Agli inizi non fu affatto facile, ma alla fine,  appresi  che un piano strategico non è un esercizio divinatorio sul futuro ma è semplicemente l’espressione razionale e ponderata attraverso la valutazione degli scenari più probabili (negativi o positivi), di un obiettivo che ci si propone di raggiungere nel lungo termine.

E’ in fondo, un po’ come dire, cosa vogliamo diventare da grandi, e poi, con grande disciplina e focus, cercare davvero di farlo.

Quello che ritengo distingua quindi certi popoli da altri è la “disciplina sociale” con cui perseguono i propri obiettivi.

Che il mondo potesse essere colpito da una pandemia, (e che ci si sia trovati parecchio vicino a rischi pandemici diverse volte nella storia) è un fatto.

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Ugualmente esplicita, appare la constatazione del diverso grado di preparazione che stanno mostrando i diversi paesi per affrontare queste crisi.

In questi giorni molto si parla del disastro delle RSA (residenze per gli anziani) e qualche “Cronaca” fa ne avevo parlato anch’io nell’analisi delle differenze dei casi fra Italia e Germania rilevando come la Germania, appare essere l’unico paese europeo che stia gestendo al meglio la crisi epidemica, limitando le politiche di confinamento e, nello stesso tempo, anche i decessi.

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In particolare, osservavo come (anche sulla base di esperienze personali) la gestione del residenza per anziani (Seniorenhaus) in quel paese mi apparisse particolarmente efficace.

A suffragare l’ipotesi sono intervenuti una serie di studi che confermano come l’impreparazione o peggio, improvvisazione abbia giocato un ruolo determinante, purtroppo misurabile in vite umane perse. In particolare questo nuovo studio : ““Mortality associated with COVID-19 outbreaks in care homes: early international evidence” pubblicato lo scorso 12 aprile anche dalla London School of Economics e svolto, attraverso il contributo di ricerche statistiche su 5 paesi europei (Italia, Belgio, UK, Francia e Spagna) giunge alle seguenti conclusioni:

Key findings:

  • I dati di 3 studi epidemiologici negli Stati Uniti mostrano che ben la metà delle persone con infezioni da COVID-19 nelle case di cura erano asintomatiche (o presintomatiche) al momento del test.
  • I dati provenienti da 5 paesi europei suggeriscono che i residenti in case di riposo hanno finora rappresentato tra il 42% e il 57% di tutti i decessi legati al COVID-19.

In particolare per l’Italia:

  • Estrapolando questo tasso di mortalità al numero totale di residenti in case di riposo in Italia (circa 297.158), suggerirebbe che circa 9.509 decessi di residenti in case di riposo sono legati al COVID-19. Ciò rappresenterebbe il 53% del totale dei 18.000 decessi in Italia al 9 aprile.

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Anche se il problema, appare aver riguardato altri paesi oltre il nostro, la constatazione che si sia affrontata l’emergenza in modo largamente non professionale è schiacciante.

In particolare, un’indagine svolta su 2.500 strutture, dell’Istituto Superiore di Sanità e pubblicata lo scorso 12 aprile : “Survey sul contagio da COVID-19 nelle RSA” documenta che tra il 1° febbraio 2020 ed il 24 marzo 2020 (le interviste sono state svolte tra il 24 marzo ed il 7 aprile) il 48,5% degli ospiti delle residenze era affetto da sintomatologia influenzale.

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I tamponi sono stati eseguiti solo in una minima parte dei casi (133 su 3859 decessi) ma il 37.4% dei decessi sono attribuibili alla Sintomatologia COVID-19.

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Inoltre la percentuale sale al 53% ove si consideri che oltre il 60% dei decessi è avvenuto tra il 1 ed il 24 marzo.

E’ anche utile analizzare il secondo documento, parte della stessa inchiesta “ Report on COVID-19 and Long-Term Care in Italy: lessons learned from an absent crisis management” che ci ricorda che:

“Lo scoppio dell’epidemia COVID-19 in Italia ha tragicamente aperto il vaso di Pandora sullo stato del settore delle cure di lunga durata (Long Term Care – LTC). L’Italia è stata uno dei Paesi più colpiti al mondo, come testimoniano i numeri dei decessi confermati e dei casi positivi. In questa situazione di emergenza, il modello demografico italiano appariva già particolarmente critico: il 23% dell’intera popolazione ha più di 65 anni (Istat, 2019) – la percentuale più alta d’Europa – il che significa che quasi un quarto dell’intera popolazione del Paese è attualmente la più fragile ed esposta alla letalità del virus”.

Il report ha identificato tre “Issues” problematiche come sistema di cause del “disastro RSA”:

  • Issue n. 1: Carenza nelle linee guida per la gestione della crisi per il settore LTC
  • Issue n.2: Ritardo nella fornitura di dispositivi di protezione individuale (DPI) ai medici e agli operatori sanitari nelle case di cura
  • Issue n.3: Mancati controlli (testing) sulla diffusione del COVID-19 nelle case di cura

Sempre l’Istituto Superiore di Sanità ci informa, nell’ultima edizione della analisi delle “Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italiache l’età media dei pazienti deceduti e positivi all’infezione da SARS-CoV-2 è 79 anni . Le donne sono 6339 (34,0%). L’età mediana dei pazienti deceduti positivi all’infezione da SARS-CoV-2 è più alta di oltre 15 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione (età mediane: pazienti deceduti 80 anni – pazienti con infezione 62 anni): 

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Appare quindi confermato, con estrema crudezza, che una buona parte del mondo “industrializzato” abbia drammaticamente sottovalutato quella che pure era una evidente caratteristica della epidemia, ovvero la sua particolare letalità per le classi di età maschili oltre i 70 anni con almeno una patologia e che si sia fatto, troppo poco e troppo tardi, per mettere questi segmenti della popolazione al riparo. 

Qualunque riflessione sulla “Exit Strategy – Fase 2”, dovrà assolutamente partire dal fornire un’adeguata risposta alla questione della protezione degli anziani oltre i 70 anni e che  significherà dare una risposta al 84% del problema COVID-19 (e se poi includiamo i sessantenni, risolviamo il 95% del problema).

E anche per oggi è tutto.

Nel frattempo, ancora per un po’ #stiamoacasa e #teniamoduro !

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Ringraziamo tutti coloro che vorranno sostenere la nostra iniziativa!

Le fonti di oggi:

Fai clic per accedere a sars-cov-2-survey-rsa-rapporto-2.pdf

Fai clic per accedere a Report-COVID-2019_13_aprile.pdf

 

Fai clic per accedere a Infografica_13aprile%20ITA.pdf